CALCIO E FILOSOFIA: GLI STRUMENTI DEL POPOLO

Da quando le prime “societas” si sono formate nel mondo, il “potere della felicità” è sempre stato l’unico potere, dall’attimo in cui è stato “assegnato”, ad essersi trasmesso nel corso dei secoli sempre e solo per via ereditaria. Un’eredità che trascende dal concetto giuridico che possediamo attualmente, che non si fonda sui rapporti di sangue o sui legami che intercorrono tra un marito e una moglie, ma che si basa su pochi e chiari principi: ricchezza, virtù e successo.

“La storia la scrivono sempre i vincitori” non è un detto sentito e risentito a scuola da professori che cercano di far osservare gli avvenimenti da un altro (magari più corretto) punto di vista.

“I soldi non fanno la felicità” è una di quelle frasi che i poveri ripetono per sentirsi meno poveri e che i ricchi ripetono per sentirsi ancora più ricchi.

Nel corso della storia, sono stati fondamentalmente due gli strumenti che avevano le persone, che non possedevano le caratteristiche sopra elencate, per prendersi il loro “momento di felicità” (perché il potere no, quello non l’avranno mai).

Lo sport, di cui il calcio è un esempio molto calzante, e la cultura, di cui la filosofia è la regina, sono state le uniche possibilità di cambiare una condizione di dolore, tristezza, infelicità, noia nel migliore dei casi che permea da sempre la vita dell’uomo: la volontà cieca e irrazionale schopenhaueriana sconfitta non dalla noluntas, ma dalla voluntas, come insegnava ormai 150 anni fa il maestro Nietzsche.

Queste due categorie, per definirle in termini filosofici, hanno portato sull’Olimpo personaggi che sulla terra non erano ben voluti dal potere; operai, emarginati, lavoratori, malati, oppressi, ogni genere di essere umano che non aveva possibilità, improvvisamente otteneva una luce, una speranza.

Così un uomo che lavorava dalle 5 di mattina gioiva come un bambino davanti a un gol della sua squadra del cuore, così un operaio mal pagato, con un libro in mano, diventava in un istante un viaggiatore.

Purtroppo, come nelle peggiori dittature, anche gli ultimi baluardi di speranza sono stati inglobati dal potere e sono diventati appannaggio dei felici: il calcio è l’industria dove si investe la più grande quantità di denaro nel mondo, dove ormai la felicità dei tifosi dipende più da quanto si spende che da quanto si vince, mentre la filosofia è diventata “oppio dei popoli”, mero strumento volto a giustificare consumismo, extra-produzione e più in generale le “arti del denaro”.

Tuttavia, per fortuna, esistono ancora dei personaggi all’interno di questi mondi a cui piace regalare momenti di felicità a chi, giorno dopo giorno, ne ha sempre meno.

Da qui nasce la mirabile iniziativa della S.S. Lazio organizzata per la giornata del derby, durante la quale “saranno predisposti quattro punti raccolta (Viale Gladiatori altezza Ostello, Piazzale Lungotevere Maresciallo Diaz, Piazza Lauro De Bosis ed in Viale Stadio dei Marmi) tramite i quali tutti i tifosi potranno contribuire alla causa e donare volontariamente alimenti non deperibili per dare un aiuto concreto ai più vulnerabili” (comunicato della società).

Da qui nasce la collaborazione con la Compassion Italia Onlus, che invita chiunque a partecipare per poter regalare qualcosa a chi qualcosa non ha, per la gioia di donare un pizzico della propria felicità a chi è meno fortunato.

Condividi questo post