Quando si parla di calcio e filosofia, la mistica figura di Socrates appare alla mente come Albert Einstein quando si parla di fisica.
Tra colpi di tacco, colpi di genio e colpi di testa, ha contribuito positivamente allo sviluppo del calcio brasiliano, avendo trascorso praticamente tutta la carriera in patria, esclusa la sfortunata parentesi a Firenze, tanto da essere definito da Pelè “il giocatore più intelligente della storia del calcio brasiliano”.
Non solo, il “Dottore”, come era soprannominato per la sua laurea in medicina, rivoluzionò il pensiero della società mondiale degli anni 80; “uomo di sinistra e anticapitalista”, come si dichiarava fieramente in pubblico, applicò questa filosofia durante l’esperienza calcistica al Corinthians, dal 1977 al 1984.
Da quasi 20 anni ormai, in Brasile governava una durissima dittatura militare instaurata nel 1964 con un colpo di stato, caratterizzata dall’introduzione di una nuova costituzione molto più repressiva della precedente. Il nuovo governo si poneva su posizioni filo-americane, anticomuniste e capitaliste; il progetto più importante portato avanti dalla dittatura fu l’integrazione dell’Amazzonia nell’economia nazionale, tramite deforestazioni continue e la costruzione di autostrade, che provocarono la morte, si stima, di circa 8000 indigeni.
In una situazione politica così difficile, emerse la figura di Socrates, un riccioluto trequartista, con il fisico per fare tutto tranne che il calciatore, che decise, insieme ai suoi compagni, di rifiutare l’autorità decisionale del loro allenatore: da qui nacque la celebre “Democrazia Corinthiana”, una forma di autogestione della squadra che poneva alla base di tutte le decisioni un’assemblea e una votazione.
Ogni membro della società era inserito in questo processo, le opinioni di ognuno contavano allo stesso modo, l’allenatore aveva lo stesso potere decisionale di Socrates, del preparatore atletico e dell’ultima riserva; insomma, il ruolo dell’allenatore che si estremizza definitivamente nella sua forma più pura, il “non-allenatore”. Questa filosofia, magicamente applicata al calcio, portò il Corinthians a vincere due campionati consecutivi nelle due stagioni in cui venne applicata, ossia 81-82 e 83-84.
Ma il “Tacco di Dio”, così veniva soprannominato, vinse qualcosa di ancora più grande: vinse il cuore di un popolo intero, oppresso da decenni, che vedeva in questa squadra di calcio il riflesso più puro della società equa e democratica che sognavano per loro e per i loro figli.
Perché Socrates non era e non è mai stato uno sportivo, un atleta con la “A” maiuscola, e lo si può vedere semplicemente osservando il resto della sua carriera, e della sua vita; il suo corpo non avrà mai emozionato, ma le sue idee si, quelle hanno fatto sognare.